Le novità mi mettono ansia.
C'è gente che si tuffa nel nuovo come nel mare in una giornata di estate, senza pensieri e con un senso di libertà.
Io il nuovo lo guardo con sospetto. Lo scruto da lontano, lo annuso, cerco di capirlo senza farmi vedere. Mi avvicino di soppiatto, in punta di piedi, come fanno i gatti quando c'è qualcosa che li incuriosisce e che, appunto, non conoscono.
Nell'angolo più lontano dalla zona cosciente della mia mente so che tutto ciò che è nuovo mi semplificherà la vita, perchè, essendo appunto nuovo, sarà certamente più veloce, più economico, più funzionale... eppure, fatico ad uscire dalla comfort zone dell'usato, del mio usato. Delle mie cose conosco ogni angolo, ogni sospiro, ogni debolezza e punto di forza, ogni filo che ha smarrito la strada della trama e ci vorrà un tempo biblicamente lungo per trasformare una cosa nuova che entra nella mia vita in qualcosa che è parte della mia vita...
...e poi, all'improvviso, dopo lunghi appostamenti e timidi approcci, mi lancio sul nuovo con una fame e una curiosità voraci. Mi lancio come se non avessi un domani e vengo irrimediabilmente rapita dalla funzionalità e dall'universo inesplorato, affascinante e pieno di prospettive del nuovo e, lentamente, giungo al distacco da ciò che prima era mio. E questo mi capita con molte cose, che sia un computer, dei piatti, un paio di scarpe o le persone che, per quanto non ci appartengano, tuttavia a volte camminano abbastanza tempo con noi per poter dire che fanno parte della nostra vita, della nostra comfort zone....
Insomma, c'è chi si tuffa e chi invece passeggia e il mondo sarebbe infinitamente noioso se tutti fossimo uguali...
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